Nello scrivere un articolo di stampo psicologico sull’omosessualità, è importante partire dalla contestualizzazione della mia attività di psicologa nella realtà italiana, realtà che appare non sempre del tutto accogliente per le persone gay e lesbiche, sia da un punto di vista giuridico che da un punto di vista sociale.
Nel 1994 il Parlamento Europeo ha emanato una normativa che sollecitava tutti gli stati membri, tra cui l’Italia, a riconoscere pari opportunità alle coppie omosessuali. Più volte, negli anni successivi, l’Unione Europea è tornata a chiedere agli stati membri che garantissero la parità dei diritti quali la legislazione fiscale, il regime patrimoniale, i diritti sociali e il riconoscimento delle unioni e delle famiglie formate da coppie di individui dello stesso sesso, così come avviene per le persone eterosessuali. Tale sollecitazione è stata accolta da paesi come quelli nord europei, mentre stati come l’Italia si trovano, dal punto di vista delle pari opportunità per gli omosessuali, a vivere ancora una situazione di arretratezza.
L’omosessualità è un fatto normale e naturale ed è pertanto allarmante che persone gay e lesbiche non possano godere nel nostro paese di forme di tutela sociale e giuridica che regolamentino i diversi aspetti della loro vita.
Tale ritardo nel riconoscimento di pari diritti e della dignità alle coppie omosessuali è ipotizzabile possa essere connesso a forme di omofobia più o meno celate nel nostro tessuto sociale, i cui contorni sono spesso aggravati dalle posizioni discriminatorie sovente prese negli anni dalla Chiesa Cattolica. Una tale situazione può, in alcuni casi, portare l’individuo omosessuale a sviluppare egli stesso un’immagine negativa di sé in quanto gay o lesbica.
Molti omosessuali, nonostante le difficoltà che il nostro paese pone, riescono a raggiungere un ottimo adattamento, sviluppando relazioni affettive appaganti e durature nel tempo, sia con il partner/la partner che con la propria famiglia d’origine e con l’ambiente sociale e lavorativo.
Secondo una ricerca, tra il 40% e il 60% di gay e tra il 45% e l’85% di lesbiche sono coinvolti in relazioni affettive stabili (Peplau e Cochram, 1990). In altri casi però, la nostra cultura rischia di mostrarsi pregiudizievole e discriminatoria verso soggetti lesbiche e gay, e pertanto vi possono essere ripercussioni negative a livello lavorativo, familiare, scolastico e religioso. Tutto ciò rischia di minare la serenità dell’individuo gay o lesbica. E’ in questi casi che può giovare, qualora la persona ne senta la necessità, un sostegno psicologico che la aiuti a potenziare un’immagine positiva di sé e della propria identità omosessuale, qualora quest’ultima sia stata minacciata dalla discriminazione più o meno velata che in alcuni casi è sottesa nella nostra società. In questo contesto l’individuo, nel processo di affermazione del proprio sé, può essere anche accompagnato nell’identificare i propri reali obiettivi, gli ostacoli e le risorse disponibili per coronarli.
In particolare, nel processo di affermazione della propria identità omosessuale (coming out), ho notato come spesso la rivelazione della stessa alla propria famiglia di origine sia un passo estremamente difficile e doloroso da compiere. Successivamente alla fase di coming out con i propri familiari, a volte ci si sente decisamente meglio mentre, in altri casi, la gestione della relazione non è semplice. Quello che quindi serve sottolineare è che il fatto di dichiararsi porta generalmente ad un miglioramento in termini di crescita interiore e di autostima individuale, ma allo stesso tempo la rivelazione della propria identità omosessuale va fatta valutando prima tutti i possibili rischi e benefici che nei diversi contesti essa può provocare. Il timore di essere rifiutati dai propri genitori, ad esempio, è a volte concreto, ma in merito va sottolineato che, citando Montano (2000), indipendentemente dalla reazione dei genitori: “il rapporto genitori-figli si fonda su sentimenti molto profondi, difficilmente cancellabili (…) e non è l’amore dei genitori ad essere messo in discussione dopo la rivelazione della propria omosessualità, ma gli assunti omofobici radicati nell’educazione individuale che portano a frapporre tra i genitori stessi e i figli alte barriere comunicative (…). Il figlio potrà essere paziente nei loro confronti, ma allo stesso tempo determinato nel voler affermare la propria identità”.
In Italia l’omosessualità non è stata ancora accettata come un vero e proprio riferimento culturale, e siamo ancora lontani da realtà come quelle del Nord Europa in cui, per citare un esempio, all’interno di progetti educativi scolastici si propongono ai bambini in età scolare modelli di famiglie che vanno da quella tradizionale a quella omosessuale con figli. Questo però non significa che ci si debba scoraggiare all’idea che il contesto culturale non possa migliorare.
Nel frattempo, le persone omosessuali, qualora ne sentano il bisogno, possono usufruire di un sostegno psicologico, per essere accompagnate nella realizzazione ed espressione di se stesse.
Dott.ssa Sara Reginella
L’articolo è stato scritto dalla dott.ssa Sara Reginella e pubblicato per la prima volta nel web a marzo 2011.
Buongiorno Dottoressa, innanzitutto la ringrazio di aver affrontato un tema attuale e soprattutto a me molto caro.
Ho preso coscienza della mia omosessualità ormai da 6 anni e da quel che è la mia esperienza personale posso dire che per un ragazzo affrontare la propria sessualità definita dagli altri “diversa”non è semplice. All’inizio ti senti solo, rifiutato, pensi che la gente non sia pronta a capire; pensi ai familiari, agli amici…e ti domandi: “che vita avrò? Rimarrò solo?”
Alcuni scelgono di scappare, rifiutano la loro sessualità vivendo una finta vita “etero” fino a quando la natura non prende il sopravvento e nella maggior parte dei casi, iniziano una vita parallela a quella di facciata.
Altri, invece, si “auto-ghettizzano”, iniziano ad uscire solo con “simili” e a frequentare solo locali “a tema”, perdendo, a mio avviso, i contatti con la vita reale.
Nel mio caso non ho scelto nessuna delle opzioni precedenti…ma una terza scelta di vita…venire pian piano allo scoperto…
Naturalmente questa strada non è meno sofferente delle altre due… anche io ho dovuto fare un percorso interiore di autoaccettazione, non certo semplice e veloce. Pian piano con l’aiuto delle prime persone a cui confidai il mio “segreto” ho acquistato coraggio e sicurezza su quel che sono.
Recentemente ho fatto coming out con mia madre, la decisione di renderla partecipe completamente della mia vita è stata una cosa ben ragionata e non certo poco sofferta.
Lei di un’altra generazione, molto cattolica, e soprattutto la paura di un suo rifiuto o di provocarle un grosso dispiacere, mi ha fatto desistere fino ad ora.
Poi però la voglia di vivere una vita normale, la presenza del mio ragazzo che mi ha sostenuto, e il senso di colpa che mi assaliva ogni volta che mentivo ad una madre amorevole come la mia, mi ha fatto affrontare la cosa.
Fortunatamente poi come ha ben detto Lei Dottoressa “ …il rapporto genitori-figli si fonda su sentimenti molto profondi, difficilmente cancellabili…” ha fatto si che dopo le titubanze iniziali, mia madre mi ha accettato e alla notizia che ero fidanzato mi sono sentito dire:
“Sono contenta perché anche tu meriti di essere felice”.
Sì… ho una madre di ampie vedute, che è riuscita a capirmi, e a cambiare la sua visione… per l’ Amore che mi vuole e soprattutto per la mia felicità.
Io credo che l’unico modo per vivere serenamente è farsi conoscere, far capire alle persone (in primis a chi ci vuole bene) che l’omosessualità non è una malattia, non è una deviazione, ma solo essere se stessi.
Essere gay, non vuol dire essere delle donne mancate o andare in giro con lustrini e paillettes, o almeno non è solo quello, come spesso la televisione (o la Chiesa) vuole far credere. Ma ci sono tante realtà, tanti modi di vivere differenti.
Questa è la mia esperienza e sicuramente sono stato fortunato ad avere accanto persone intelligenti, ma sono comunque dell’avviso che l’unico modo per cambiare il modo di pensare degli italiani sia venire allo scoperto ed educare le persone che non esiste un solo tipo di Amore…
Come vedo il mio futuro?
Con il mio ragazzo stiamo cercando di costruire qualcosa, per ora si pensa ad una convivenza, ma mi piace pensare che in un futuro non tanto lontano la nostra unione sarà riconosciuta anche legalmente.
Scusi se mi sono dilungato, ma volevo dare la mia testimonianza.
La ringrazio di nuovo per avermi dato voce nel suo Blog.
Grazie per aver condiviso la tua esperienza personale. Sono sicura che essa rappresenterà una speranza e uno stimolo per molti uomini e donne che, nel leggere il tuo post, si riconosceranno in esperienze simili a quella che tu hai vissuto e che, con grande coraggio, sei riuscito ad affrontare.
Ti faccio i più cari auguri affiché per te la felicità nella vita di coppia e nelle relazioni familiari continuino ad andare di pari passo.
Grazie ancora per la bella e preziosa testimonianza.
Sara Reginella
Grazie a Lei.