La vergogna è un’emozione sgradevole che ci comunica che abbiamo compiuto, stiamo per compiere, o immaginiamo di compiere un’azione che riteniamo possa compromettere la buona immagine che abbiamo di noi stessi e di conseguenza la nostra autostima.
Quando si prova vergogna si dice di sé che si è persa la faccia. Chi si vergogna, infatti, non vuole farsi vedere, si copre il viso e chiude gli occhi rifiutandosi anche di guardare, compiendo un gesto che deriva dalla credenza magica che chi non guarda non possa essere visto.
La vergogna è quindi collegata con il potere giudicante dell’altro al quale si tenta di sfuggire.
Ma la vergogna perdura anche nel tempo e fa sì che ci si possa vergognare anche quando l’altro non è presente, poiché l’altro viene interiorizzato nella propria mente, ed è per questo che ci si può vergognare ancor prima di compiere un’azione che riteniamo vergognosa.
Per vergognarsi basta quindi che un fatto possa portare ad una valutazione negativa di sé, ma ciò non significa che si debba provare vergogna di fronte a chiunque e per qualsiasi cosa.
Secondo Straus (1960), esisterebbero infatti due tipi di vergogna: il primo, detto “occultante”, sarebbe legato all’essere pubblico, al conformismo, al far parte di una società, per cui si proverebbe vergogna nel momento in cui si trasgredirebbero gli standard sociali. Il secondo tipo di vergogna, invece, detto “preservante”, sarebbe legato alla parte più intima di se stessi, nascosta agli altri ma non a sé, una sorta di pudore a difesa della propria intimità.
Secondo Castelfranchi (1988), esisterebbero anche dei casi più generalizzabili e in grado di provocare inevitabilmente vergogna. Stiamo parlando, ad esempio, del fatto di non essere puliti, del fatto di fare gaffe in pubblico, o di cadere di fronte a molte persone, e così via.
Ognuno di noi, però, ha le sue aree preferite di vergogna, collegate a particolari obiettivi il cui mancato raggiungimento può scalfire la propria autostima. Ciò significa che la propria valutazione della gravità di un’azione o di un pensiero dipende dalle regole e dai valori personali interiorizzati.
Collegato al concetto di vergogna è il concetto di senso di colpa.
Provare spesso vergogna e senso di colpa significa che nella propria vita si sta vivendo in maniera che viola i propri principi interiori.
Ciò rischia di provocare un enorme disagio nell’individuo, ma può rassicurare il riflettere sul fatto che è comunque possibile superare il proprio senso di colpa e la propria vergogna.
A tal fine, secondo Greenberg (1995), può essere innanzitutto utile accertare la gravità delle proprie azioni ponendo a se stessi alcune domande come: “Gli altri considerano questo evento grave come lo considero io?”, “Quanto mi sembrerebbe grave questo evento se ne fosse responsabile il mio migliore amico e non io?”, “Conoscevo in anticipo il significato e le conseguenze delle mie azioni? E sulla base di ciò che sapevo allora, valgono le mie valutazioni attuali?”.
Dopodiché, sempre secondo Greenberg, può essere utile soppesare la propria responsabilità personale: spesso, infatti, si può realizzare il fatto che non siamo i soli responsabili di un dato evento che ci fa sentire in colpa, in quanto diverse persone possono essere state coinvolte e possono aver contribuito allo sviluppo dell’evento per il quale ci si vergogna o ci si sente in colpa. Anche il fatto di confidarsi con una persona fidata può rivelarsi utile. Si potrà così scoprire che, quasi sempre, la rivelazione del segreto non darà luogo a condanne o a giudizi negativi da parte dell’altro. A questo punto sarà possibile iniziare a perdonare se stessi e, qualora ancora ci si senta in colpa, ci si potrà proporre di riparare, con un’azione, al danno causato.
Le esperienze di vergogna e di senso di colpa, quindi, non sono di per sé un problema. Al contrario, se accettate possono migliorare la conoscenza di se stessi e permettere la propria evoluzione interiore.
A meno che esse non vengano negate e non gestite: in questo caso vergogna e senso di colpa possono diventare un problema per la salute dell’individuo.
Dott.ssa Sara Reginella
Psicologa e Psicoterapeuta ad Ancona
L’articolo è stato scritto dalla dott.ssa Sara Reginella e pubblicato per la prima volta nel web nel novembre 2011.
Gent.issima Dottoressa, nel suo articolo parla esclusivamente della vergogna di se stessi. Io soffro di un altro disturbo, che potrà dare di me l’idea di una persona altezzosa, quando in verità ne soffro molto: provo vergogna delle persone. Se per esempio mi innamoro, inizio a individuare tutti i difetti della persona di cui mi sono infatuata, sino a degradarla nella mia testa, mi auto-faccio perdere interesse per via delle sue imperfezioni, inizio a provare imbarazzo per lui e trasmetto senza volere il mio disagio. Il mio volto è purtroppo un libro aperto e nessuno si accompagnerebbe a chi lo fa sentire inadeguato. D’altronde la possibilità di trovare un compagno perfetto tale da evitare questo disagio è infondata.
Gentilissima, “vergogna” non sembra il termine più adatto per descrivere la sua condizione, in quanto la vergogna è legata alla nostra personale immagine e quindi alla nostra autostima.
Ma in risposta a quanto lei mi scrive, vorrei comunque rassicurarla sul fatto che è possibile imparare ad amare una persona, anche se le riconosciamo alcune imperfezioni e, allo stesso tempo, possiamo imparare ad accettare o a migliorare le nostre di imperfezioni.
Le consiglio di provare a capire quali sono le cause di queste sue modalità di relazionarsi con chi l’attrae, in modo da superarle ed evitare di continuare a precludersi l’esperienza dell’amore e dell’innamoramento.
Il fatto che lei stessa ammetta realisticamente che non è possibile trovare l’uomo perfetto, è già un primo importante passo per interrompere questo meccanismo che la fa soffrire così tanto.
Rimango disponibile per un contatto privato e maggiori chiarimenti, qualora ne necessitasse, un caro saluto
Buonasera Dottoressa,volevo chiederle un parere.Mi trovo in una situazione in cui penso che agli sbagli non ci sia via d’uscita.Mi spiego meglio:ho commesso degli sbagli nei confronti di alcune persone e non riesco a liberarmi dal senso di colpa nonostante io capisca il perchè li ho commessi.ci si può liberare dal senso di colpa?come potrei farlo?secondo lei,quando si commette un errore,bisogna “confessarsi” al diretto interessato o basta capire di aver sbagliato?
Un’ultima domanda…come mai alcuni errori continuo a farli nonostante io sappia di essere in errore?La ringrazio per la sua attenzione!
Cordiali saluti.
Gentile Mia, rispondo alle sue domande.
Innanzitutto le dico che si, ci si può liberare dal senso di colpa.
Come fare? Le riassumo quanto già esposto nel mio articolo: per cominciare è utile accettare il fatto che si è commesso un errore, per poi valutare obiettivamente le proprie responsabilità personali (spesso non siamo noi i soli responsabili). A volte può anche aiutare, per alleggerire il peso personale, confidarsi con qualcuno verso il quale si nutre un elevato livello di fiducia.
Più che “confessarsi” poi, riterrei utile trovare un modo per riparare al danno causato. Per far ciò, può essere efficace un confronto con la persona che è stata danneggiata. Ma prima del confronto, ovviamente, occorre valutare l’entità della propria colpa e il tipo di conseguenze che una tale rivelazione comporterebbe. Se ha difficoltà nel valutare questo aspetto, le potrà essere utile parlare con un terapeuta, che l’aiuterà a vedere la situazione in modo più oggettivo, così da non compiere passi avventati.
Poi lei mi scrive che alcuni errori continua a farli, nonostante li riconosca come tali. Questo circolo vizioso può essere interrotto nel momento in cui se ne riconoscono le cause, che possono essere di varia natura. Qualora lei non riesca a comprendere il perché del reiterare nello stesso comportamento, le consiglio di farsi aiutare da un esperto: ogni situazione è a sé, non esistono ricette preconfezionate uguali per tutti, e non sempre è semplice capire da soli perché si continua a soffrire nella stessa maniera.
Ed infine si perdoni: siamo esseri umani, possiamo sbagliare, ma soprattutto possiamo imparare dai nostri errori, trovando un giusto equilibrio tra l’essere troppo rigidi nel giudicare le nostre azioni, e l’essere troppo superficiali nel considerare le ferite che il nostro comportamento può causare in un altro essere umano.
Per ulteriori delucidazioni, mi contatti pure privatamente
Cordialità
Dott.ssa Sara Reginella
Cara Dott.ssa Reginella,
ho letto piacevolmente il suo articolo, che in questo momento della mia vita mi ha aiutato molto. Ho una situazione complicata e difficile; sono stata con una persona 6 anni,abbiamo una bambina bellissima di tre anni che adoriamo, ma ci siamo distaccati per molti problemi di vario tipo e dopo vari mesi di distacco da tutto mi sono resa realmente conto di tutti gli errori che ho commesso, di quanto posso aver fatto male a lui,a me e al nostro rapporto.
Mi vergogno a tal punto da non riuscire più ad accettare me stessa, sono caduta in una specie di vortice che sembra che mi trascini sempre di più. Sono una persona che già non ha stima di se stessa, e questo fatto della vergogna e del senso di colpa mi preoccupa molto. Ho perso i contatti con le mie amiche e rifiutato i loro aiuti allontanandomi sempre di più. Mi chiudo in me stessa, nessuno deve vedere o capire che ho fatto stare cosi tanto male, per cosi tanto tempo la persona per me più importante. Non esco più, e l’ unica persona con cui voglio stare è mia figlia, ma mi vergogno anche di fronte a lei che mi vede sempre piangere. Non so come riuscire a perdonarmi e a togliermi questa vergogna che mi opprime e ho paura che stando cosi mi sto portando da sola all’autodistruzione. Ieri ho avuto modo di poter parlarne in minima parte con lui (è sempre lui che mi aiuta a esternare queste cose, da sola non ci riesco), però mi sentivo come una scolara con il suo insegnante, e mi vergognavo ulteriormente per non riuscire a parlare di determinate cose. Non mi perdono, e non riesco a farlo. Io non sono cosi, vorrei riuscire a trovare un modo per riuscire a far capire a me stessa che si sbaglia nella vita e non ci si deve vergognare, basta accettarsi e imparare dagli errori commessi, ma non trovo una via. In più ho la paura che lui non capirebbe, che non riuscisse a perdonarmi, non riesco a prendere in mano me stessa e ad affrontare tutte queste vergogne e sensi di colpa.
Mi scusi se mi sono divulgata troppo.
E la ringrazio per la sua risposta e per l’attenzione che mi ha dedicato.
Cordiali saluti.
Giulia